venerdì 29 novembre 2013

Questo. Nostro.


La prima volta che con le dita arrivavo a toccare la tua anima
mi sono sentita come quando sono stata per la prima volta
davanti al cielo blu della chiesa di Van Gogh:

ha quei colori che bucano lo stomaco,
le sue pennellate ti rimestano nelle viscere come un uncinetto
e non puoi far altro che restare lì a fissarlo.

Quante volte sono tornata a casa dopo una serata insieme
e a pensarti ho passato anche l'ora in cui non c'è una bruma di sonno,
dopo le prime capriole eravamo due corpi tra lamiere.

Quando abbiamo iniziato a portarci per mano nella vita,
ho avuto pensieri per te così belli che facevano male,
pensieri da rilegare con un filo d'argento su carta ruvida.

Colpa del mio inguaribile feticismo per la carta,
se sento il bisogno di mettere nero su bianco
il tuo modo di amare il mio essere
così insensatamente e irrimediabilmente matta.

sabato 19 ottobre 2013

Vecchie cose

Queste le ho ritrovate in un hard disk che non aprivo da tempo: scritte quando avevo circa dieci anni, nel periodo che oserei definire "fervore religioso".

Durante l'età in cui si fa la prima comunione avevo preso seriamente la mia istruzione cattolica (tanto quanto ora mi professo Agnostica convinta) e al catechismo hanno almeno avuto il buonsenso di farci riflettere sul senso di quello che stavamo facendo.

Così ogni tanto avevamo del tempo per scrivere brevi componimenti ispirati: i titoli sono i loro, tutto il resto è roba mia.

domenica 5 maggio 2013

Risvegli e dormienti


Il dedalo s'apre innanzi alla metanfetamina... Ah, no, s'usa dire eroina,
insomma la tizia ha lì tutte le opportunità e non fa altro che tergiversare,
sembra la trama di un telefilm in cui prenderesti a schiaffi i personaggi,
non ha senso attraversare la vita in costante quiescenza eppure succede.

La depressione spalanca un baratro, cortina da opporre ai detrattori,
scusa infallibile all'immobilità congenita, non hai mai fatto la fame,
l'abulia è un male figlio del benessere, sarà vero?

La Stratosfionda ha riparato le trame piatte della mia esistenza,
ha rianimato il genio avvezzo all'indolenza, nutrendo la sua pallida crisalide.

Ora è il mio turno di camminare spedita.

martedì 5 febbraio 2013


La prima anima

Ti penso spesso in queste notti invernali
e m'attanaglia la paura di smarrire le linee del tuo viso
nel tentare almeno un poco di lenire il dolore.

Lutto antico se scalato sulle tacche della mia breve vita
porti ancora agli occhi le tue stille brucianti
nel ricordo di tutto il male procurato dalla progenie.

Poche storie narra la tua discendenza dei tempi che furono
io sola di tutta la stirpe divisa nel fiele ti commemoro
unica beneficiaria e custode della tua intima vera essenza.

Ti rivedo in una foto da giovane prigioniero collaborazionista
avevi trovato l'America e te la sei vissuta tutta
con quel piglio da attore cinematografico che hai sempre serbato.

Ma il vero te l'ho conosciuto già avanti negli anni
ormai anziano con le mani rugose e gli occhi da bambino
eri l'ideale compagno di giochi perché mai cresciuto.

Sapevi di dopobarba e tic tac all'arancia ultimo segno lasciato dal fumo
mi stringevi con quella pelle macchiata dal cardirene
portando ogni giorno il cognome di uno che non era tuo padre.

Condividevamo i nostri piccoli segreti
quante sigarette non hai fumato, quante bische non hai frequentato,
quanti soldi non hai speso, in quante partite non hai imbrogliato,
quante caramelle non hai divorato...
e io che crescevo pian piano con te piccolo furfante.

Quanto mi mancano quella complicità e quell'affetto così istintivi
le mattine sui pattini a rotelle mentre t'improvvisavi istruttore
le attese dei pranzi con me sul tavolo della sala a suggerirti i cruciverba.

Per quanto sputtanato sia il termine da tutti gli adolescenti veri o interiori
t'ho definito la mia anima gemella, il mio primo amore,
perché solo questo riesce forse ad esprimere la purezza del legame che c'è stato.

La tua perdita m'ha spezzato qualcosa dentro come se fossi malata
pure se consapevole dell'inevitabile solitudine del lutto
vorrei averti qui a tenermi la mano, oltre che il cuore.

Mi manchi davvero tanto che continuo a soffrire come se fosse ieri
ogni giorno in cui non chiudo la tristezza nella mia scatola di legno profumato
insieme ai ricordi di te freddo e agli abbracci che non ti ho dato.


IN MEMORIAM
R.G.

mercoledì 30 gennaio 2013

Scrivo dopo tanto tempo, come se tutti i miei pensieri fossero rimasti congelati, privi di espressione per anni, quindi scusami caro lettore se la poesia è un pò rugginosa e la prosa non è da meno. Ma si fa quel che si può.

E questo è quello che ha prodotto una giornata di studio, come se i neuroni in moto portassero fuori per inerzia i pensieri per riordinare lo spazio e farci entrare pure le nozioni.

Oggi

Questa viva energia tendente al nevrotico
che anima le mie notti accademiche,
l'altra lucida frenesia così efficiente
che smista e rassetta i miei giorni sportivi,
l'entusiasmo e la trepidazione controllata
nei rari crepuscoli di svago mondano,
e poi quell'ardore così rinviato
che m'assale nei nostri istanti senza tempo.

La mia vita è tutta qui
questi giorni senza fine tutto il mio mondo,
ma quanta gioia nel muovere i passi
forse perché la direzione è giusta.

mercoledì 16 gennaio 2013

Piccola ode

Il mio amico dal naso umido s'è fatto un anno di carcere,
gironzola con me per i boschi scacciando i miei spettri come se nulla fosse.

Detesto chi parla di quanta riconoscenza provino quelli della sua specie,
pensando a come viene trattato l'essere senziente su questo lembo di terra
non mi sorprende che ogni coda abbia la sua storia triste,
ma odio che ci si sguazzi tanto dentro.

Il mio compare per fortuna non è uno qualunque,
non è il tipo che si profonde in ringraziamenti solo perché gli hai aperto la cella,
mai parlato con lui dei tristi tempi andati,
non c'è passato nel suo presente,
ma solo noi e i nostri boschi.

Sei quello con cui non mi riduco a parlare del tempo.
Anche se fuori nevica.
Quanto ho desiderato uno strigile emozionale che grattasse tutta l'inedia,
lavo via un brandello di passato assieme alla pelle morta,
benvenuta Stratosfionda.

martedì 15 gennaio 2013

La venuta

Bestia rara e pericolosa chimera,
crisalide d'acciaio così incline alla fragilità,
vaga sulla crosta con l'usuale frenesia.

Guscio letargico e denso di contenuto,
giace avviluppato e a tratti sospira insofferente,
lotta e a volte vince contro arcane catene.

Ci si nutre di emozioni intensamente anestetizzanti,
si cammina un po', ciascuno col suo spettro
a contare i battiti rimasti.

Poi in un istante il liquefarsi di un respiro
scivola su un corpo l'urgenza del tocco,
pelle neonata e pudica si scopre pulsante di nuove passioni.

Nella bramosia di palparne il midollo
ci siamo scoperti più umani, con più mani,
con nuovi manti, ci siamo fatti amanti.