martedì 25 novembre 2014

Incontri

1. Una mattina qualsiasi, nei meandri della metro di Parigi mi ritrovo dietro una donna molto magra, mi colpisce la sua camminata spavalda leggermente ondeggiante, ha gambe sottili e spalle a punta, i capelli crespi e neri sono tagliati poco sotto la nuca, porta una giacca e un paio di stivali in pelle rossa, il corpo è fasciato da un vestito leggero, la fantasia di piccoli fiori rossi e neri su fondo bianco segue docile i suoi movimenti. Dalla spalla le pende una borsa grigia da palestra in tessuto molle, la poggia a terra subito prima del tornello; con un movimento fluido scavalca la barriera, recupera la borsa e sparisce nella folla del mattino.
All'arrivo sul binario ritrovo la sua figura snella dall'altra parte delle rotaie, ha un portamento altero e il viso vagamente ostile, si dondola sugli stivali rossi al limite della striscia di sicurezza della banchina; dopo poco passa il treno che subito la ingoia ma il ricordo della ragazza mi resta accanto per qualche minuto prima che arrivi il mio turno di salire sul treno.

2. Sono su un sedile in attesa della prossima metro, il tabellone è appena scattato sul minuto 5. «Voi ballate?» dice una voce, troppo vicina per non essere rivolta a me, ed io: «Cosa?», il signore che mi rivolge la domanda è sulla cinquantina: «Sì, voi ballate?», lo guardo meglio, ha la pelle molto scura, della consistenza della grafite e i capelli tagliati in modo regolare sembrano solidi, hanno una forma che mi ricorda quella del bambolotto Ken della Mattel, un po' interdetta rispondo: «Mi succede di ballare» e lui incalza: «Ma certo che ballate, ballate bene, avete le gambe di una danzatrice!», gli lancio uno sguardo sorpreso e mi metto sulla difensiva, lascio vagare lo sguardo sulle mie calze grigie che spariscono negli stivali invernali e faccio spallucce; dalla busta di carta marrone che sta tra i miei piedi sbucano una confezione di spaghetti e una bottiglia di vino rosso, lui continua: «Vai fuori con i tuoi amici stasera?»; è sabato sera e sul binario non sono sola, il tabellone dell'attesa segna 3 minuti e il signore ha gli occhi buoni e un completo grigio, «Vado ad una cena a casa di un amico», allora il tipo mi dice indicando la bottiglia: «Mi raccomando non bere troppo! Non vorrai mica guidare dopo?», all'improvviso mi sembra di parlare con mia madre: «Non si preoccupi, per fortuna ci sono i trasporti pubblici». Lui si siede vicino ma non troppo, da un sedile di distanza continua: «Se si fa troppo tardi cerca di farti ospitare dai tuoi amici, se non puoi e hai sonno fermati prima a prendere un buon caffè e torna a casa con tutta calma», le sue ansie mi fanno sorridere così decido di spostare lo sguardo dai suoi mocassini di pelle lucida e guardandolo gli dico: «Non si preoccupi: non penso di fare tardi».
Il tabellone lampeggia sul doppio zero, passa la metro, lui saluta cordiale augurandomi buon divertimento ed entra in un vagone diverso dal mio.

3. Sono in coda alla cassa del supermercato, davanti a me una signora anziana ha appena sistemato la sua spesa sul nastro, io metto il separatore e poso le mie due cose: pellicola e sacchetti per alimenti, avevo dimenticato di prenderli ieri. Lei ha la pelle pallida e delicata, le rughe sul viso sono sottili ed è piuttosto minuta, rovista nella borsa in modo metodico, in cerca del portafogli; tra qualche secondo sarà il suo turno ma lei si volta e mi chiede: «Vuole passare? Ha solo quei due pezzi», uno sguardo veloce alla sua spesa, non ha molte cose e non vado di fretta, quindi declino gentilmente l'offerta, lei mi fa un cenno bonario e procede nella fila. La cassiera inizia a passare la merce: sette prodotti in tutto, sette.
Poi dicono che i Parigini sono antipatici e gli anziani maleducati, quello è stato proprio un bel modo di iniziare la giornata.

4. L'autobus che prendo per tornare a casa è abbastanza affollato negli orari di punta, insieme a me sale un signore alto, anzi altissimo, sui due metri, non uno di quelli tutti sottili e dinoccolati, questo è proprio un omone con la pancia e tutto il resto, ha intorno ai quarant'anni e sul cranio ha un accenno di calvizie, si vede che non sa dove mettere i piedi e si aggrappa ai sostegni sopra la mia testa; mi sono sempre chiesta perché mettessero quelle sbarre così in alto sugli autobus e oggi a vedere lui ho avuto la mia risposta. Durante il viaggio ci sono alcuni scossoni dovuti alle varie frenate del conducente, c'è molto traffico in strada e ad ogni ondeggiare il tipo si guarda intorno imbarazzato scusandosi per gli inevitabili urti. Al primo sedile che si libera mi fa cenno e mi cede il posto e intanto scivola a fatica verso il fondo dell'autobus. Un paio di fermate dopo lascio il posto ad un signore anziano e vado anch'io verso gli ultimi sedili. Ritrovo l'omone seduto con un posto libero vicino, sembra molto più rilassato ora che ha conquistato un po' di spazio vitale e mentre mi sistemo accanto a lui sorridendo mi dice
: «Si viaggia persino all'interno dell'autobus!», poggia le mani sul grembo e guarda fuori dal finestrino.
A volte penso che vorrei essere più alta, molto più alta, ma poi mi rendo conto che il mondo non è sempre migliore per quelli della sua misura.

5. È la notte bianca, ma la metro chiude presto. Salgo al volo durante il segnale acustico di chiusura delle porte e mi aggrappo all'asta mentre la vettura parte veloce. Alla fermata successiva sale un gruppo di ragazzini sui sedici anni, tutti euforici per la grande serata, iniziano a guardarsi e uno di loro dice a gran voce: «Siamo la Brigata dei Sorrisi, vogliamo i vostri sorrisi. Sorridete per favore... Non costa niente!» Ha l'aria furba e due graziose chiazze rosse sulle guance, i capelli chiari sono spettinati e porta dei jeans aderenti che mettono in evidenza il fisico acerbo; i suoi amici intanto girano per la carrozza: uno fissa una ragazza che subito gli fa una risata leggermente imbarazzata, un altro si mette tra due sedili e a pochi centimetri dalla faccia di uno che avrà all'incirca la sua età dice: «Ah, abbiamo della freddezza qui! Facci un sorriso ragazzo freddo» e quello subito scoppia a ridere stando al gioco. Il capobanda continua a richiedere a gran voce altri sorrisi fino alla fermata successiva, appena le porte si aprono fa un verso rivolto ai suoi amici, scende di corsa e sale sulla carrozza vicina.
Io mi stringo nella giacca e mi tengo il sorriso che mi ha portato quella sera la Brigata dei Sorrisi, li hanno chiesti a gran voce ma non se li sono portati via.

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